Per gestire processi di internazionalizzazione non esistono ricette generalizzabili. Tuttavia è possibile delineare un percorso metodologico che può aiutare i vertici dell’azienda nella difficile decisione di crescita al di fuori del mercato nazionale. Fondamentale è predisporre un business plan che contenga gli obiettivi che l’impresa intende perseguire nel nuovo mercato: dalla modalità di ingresso (acquisizione, joint venture, crescita organica etc) agli obiettivi che il gruppo intente raggiungere nel medio periodo, in termini di fatturato, margini e punto di pareggio (break even point). In primo luogo è necessario conoscere molto bene lo Stato in cui si vuole entrare: bisogna comprendere e valutatare la rischiosità del Paese, la vicinanza/distanza culturale e le regole che lo governano. L’analisi di mercato è fondamentale per permettere all’imprenditore di scoprire quali sono i Paesi più attrattivi e a maggior potenzialità di crescita, ovviamente tenendo sempre in considerazione il proprio raggio d’attività.
Risulta essere essenziale, infatti, monitorare il livello delle barriere d’ingresso, la dimensione di crescita della domanda, il livello di competizione, l’andamento dei prezzi, la sensibilità del consumatore e le potenzialità di crescita future. Ma questo non è sufficiente. Bisogna, infatti, avere anche una buona conoscenza degli interlocutori e dei partner con cui si opera: sia dei fornitori sia dei clienti. A questo punto, quando si è deciso il Paese estero in cui fare il primo passo e dopo avere predisposto il piano industriale e avere preso i primi contatti con i vari operatori, arriva un momento molto delicato: quello della stipula del contratto di compravendita, dove è necessario prestare molta attenzione alle forme di pagamento, soprattutto ai dettagli. Per non trovarsi in difficoltà, occorre tutelarsi al massimo per ridurre il rischio di insolvenza.
Secondo la Commissione Europea, infatti, le compagnie europee perdono circa il 2,6% del loro fatturato annuo a causa di crediti inesigibili. E se il pagamento avviene in valuta straniera, l’impresa dovrebbe pensare anche a predisporre degli strumenti che la coprano dal rischio cambio.
Insomma, ampiare il proprio raggio d’azione oltre i confini nazionali è un momento molto delicato nella vita di una impresa e deve essere programmato e definito nei minimi dettagli. L’internazionalizzazione, infatti, rappresenta una mossa imprescindibile per la crescita di un’azienda, visto il contesto in cui viviamo, ma dev’essere gestita con estrema attenzione per evitare che l’ingresso di una impresa in un nuovo mercato, al posto che essere un fattore di crescita per l’intero gruppo, possa trasformarsi in una mossa sbagliata che rischia di compromettere la stabilità dell’impresa stessa.