La Corte di Cassazione nella sentenza n. 2333/2017 ha affermato che in tema di espropriazione contro il terzo, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. instaurato contro gli atti preesecutivi o contro gli atti esecutivi, si configura sempre litisconsorzio necessario iniziale fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo proprietario.
La controversia ha origine a seguito di un’ opposizione ai sensi dell’art. 617 cod.proc.civ. avverso l’ordinanza del Giudice dell’Esecuzione con la quale, nel corso di una procedura di pignoramento immobiliare, aveva dichiarato l’improcedibilità della procedura esecutiva perché l’immobile pignorato era risultato gravato da provvedimento definitivo di confisca ex art. 44 del T.U. edilizia.
La Banca ricorrente, con contratto del 15 maggio 2008, concedeva ad una società un mutuo, a garanzia del quale il terzo proprietario, concedeva contestualmente, in favore della Banca, ipoteca volontaria su di un appartamento con autorimessa, sito nel Comune di (omissis).
L’ipoteca veniva iscritta sul bene il 22 maggio 2008 e successivamente la Banca, previa risoluzione del mutuo per la morosità della mutuataria, agiva esecutivamente nei confronti del terzo datore di ipoteca ai sensi degli artt. 602 e ss.
Nel corso della procedura esecutiva il c.t.u. nominato per la stima dell’immobile e il custode facevano constare l’esistenza su di esso di un provvedimento di confisca, emesso ai sensi dell’art. 19 della I. n. 47 del 1985 in danno della società dante causa del terzo proprietario, divenuto definitivo per rigetto del ricorso per cassazione 1’11 ottobre 2004 e, quindi trascritto a danno della dante causa il 4 maggio 2007.
Il Tribunale di I grado ha deciso la controversia motivando in primo luogo che era assorbente il fatto che l’iscrizione dell’ipoteca fosse avvenuta dopo la trascrizione del provvedimento di confisca e, quindi, considerando tale circostanza determinativa dell’irrilevanza del problema prospettato dalla Banca della natura derivativa od a titolo originario dell’acquisto a favore dello Stato in forza della confisca.
Così facendo il Tribunale avrebbe, però, omesso di considerare il principio espresso degli art. 2643 e ss. e del fatto che in base ad essi “gli atti (tra cui anche l’acquisito a mezzo di confisca) non hanno effetto rispetto ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi (c.d. principio della “priorità temporale delle trascrizioni”).
La questione assume particolare connotazione se si considera che la trascrizione dell’acquisto per mezzo di confisca compiuto in danno di un soggetto che non era più proprietario dell’immobile confiscato era ed è del tutto inefficace ed inopponibile rispetto all’acquisto effettuato dal terzo datore di ipoteca; ed ancor più rispetto alla Banca che aveva regolarmente sia iscritto un’ipoteca volontaria sia trascritto un atto di pignoramento immobiliare.
Seguendo tale assunto si giungerebbe, secondo la tesi prospettata dalla Banca ricorrente, alla conclusione per cui nella successione delle trascrizioni l’atto di costituzione dell’ipoteca volontaria da parte di un terzo datore non prenda l’ordine derivante dal criterio cronologico delle trascrizioni ed iscrizioni, bensì quello riferibile all’atto di acquisto del bene a suo tempo trascritto a favore di colui che abbia costituito l’ipoteca, sì che la garanzia ipotecaria potrebbe essere fatta valere sul bene anche nei confronti del terzo acquirente dal datore che abbia trascritto un suo acquisto prima dell’iscrizione ipotecaria.
In merito la Suprema Corte smentisce la tesi prospettata contestando che essa potrebbe risultare contraria al testo dell’art. 2808 c.c., perché, quando questa norma attribuisce al creditore il diritto di far espropriare i beni vincolati a garanzia del suo credito «anche in confronto del terzo acquirente» e, dunque, anche se il bene sia stato acquistato da altri, sembra manifestamente alludere— nel disegnare il profilo del c.d. diritto di seguito – ad un acquisto che dev’essere successivo alla costituzione e, dunque, all’iscrizione dell’ipoteca, e non anche ad un acquisto che sia avvenuto prima, ancorché, ipoteticamente, non opponibile, secondo le regole dell’efficacia della trascrizione, al suo datore di ipoteca. Se tale acquisto era invalido nei confronti del datore di ipoteca, il diritto di far valere tale invalidità, d’altro canto, compete a lui, potendo semmai immaginarsi che il creditore ipotecario, se il datore resta inerte, possa agire ai sensi dell’art. 2900 c.c., ma non certo prima che, in sede di esercizio dell’azione esecutiva ipotecaria sul bene, egli, abbia fatto accertare l’invalidità in quel modo, possa vantare il diritto di seguito sul bene in danno di chi vanti il titolo e l’abbia trascritto prima dell’iscrizione ipotecaria.
La stessa considerazione vale per il caso in cui l’acquisito del diritto sul bene non sia opponibile al datore perché non trascritto a suo carico, ma, come nella specie si sostiene, trascritto a carico del dante causa del datore dopo la trascrizione dell’atto di acquisto a suo favore a carico di detto dante causa. Anche detta inopponibilità, ricollegandosi ad un atto anteriore alla costituzione di ipoteca, non fa parte — senza che rilevi l’essere stato l’atto trascritto nei confronti non del datore di ipoteca ma del suo dante causa – del diritto di espropriare previsto dall’art. 2808 c.c., che riguarda la posizione del terzo acquirente dal datore per atto successivo all’iscrizione ipotecaria ed in questi termini integra la pretesa esecutiva. Si tratta di inopponibilità che parrebbe esigere un accertamento in sede cognitiva e non è compresa, prima che l’accertamento avvenga, nella pretesa esecutiva azionabile dal creditore ipotecario contro il terzo proprietario. Il ricordato precedente ha a fondamento, come risulta dalla motivazione, in un principio di diritto più antico, secondo cui: “Quando oggetto dell’espropriazione immobiliare è un bene gravato da ipoteca per un debito altrui, il titolo esecutivo ed il precetto debbono essere notificati, ai sensi dell’art 603 cod. proc. civ., sia al terzo proprietario del bene sia al debitore, poiché il secondo è tenuto ad adempiere ed il primo risponde, col bene ipotecato, dell’eventuale inadempimento. Una volta avvertito il debitore dell’imminente espropriazione del bene, però, il pignoramento e gli altri atti esecutivi debbono essere compiuti nei soli confronti del terzo proprietario, unico legittimato passivo all’espropriazione: pertanto, ai sensi dell’art 604, solo a quest’ultimo dev’essere notificato l’atto di pignoramento”.
Il Collegio rileva che, per valutare se il giudizio di opposizione agli atti esecutivi promosso in relazione al giudizio di esecuzione contro il terzo proprietario sia un giudizio a litisconsorzio necessario fra debitore diretto, terzo proprietario che subisce in concreto l’esecuzione e creditore, sia necessaria una riflessione sul profilo funzionale di tale forma di espropriazione e una ricognizione delle norme che disciplinano tale forma di esecuzione, perché è dall’una e dalle altre, che possono emergere i dati all’uopo rilevanti.
Di recente un’analisi al riguardo è stata svolta da Cassazione n. 535 del 2013, che si è soffermata in particolare sulla “posizione che il debitore diretto occupa nel processo di espropriazione contro il terzo proprietario”, così motivando: “Al riguardo, l’orientamento prevalente di questa Corte è nel senso che egli sia parte necessaria del processo” (cfr. Cass.n. 4607/94, n. 19562/04, oltre a Cass. n. 6546/11 e n. 18113/11 cit. e Cass.n. 17875/11).
Questo orientamento va qui ribadito. L’art. 603 cod. proc. civ., comma 1, prevede che il titolo esecutivo ed il precetto debbano essere notificati “anche” al terzo, con ciò dando per implicito che il destinatario principale degli atti propedeutici all’esecuzione debba essere il debitore diretto; il secondo comma dell’art. 604 cod. proc. civ. dimostra che, nel processo, la posizione del debitore si affianca a quella del creditore e la sua presenza è imprescindibile, perché l’uno e l’altro devono “essere sentiti” ogniqualvolta le norme che regolano il processo prevedano tale garanzia per il soggetto esecutato.
Questa conclusione è in piena consonanza con la ratio ispiratrice del particolare procedimento di espropriazione contro il terzo proprietario, dato che sin dalla Relazione al progetto definitivo del codice di rito civile veniva posto in evidenza come solo attraverso la partecipazione del debitore al processo esecutivo può essere attuato il suo indubbio interesse a far valere le sue eventuali ragioni nei confronti del creditore e, comunque, a fare in modo che l’espropriazione si concluda nel modo più vantaggioso perché il creditore possa soddisfarsi interamente, o nella maggior misura possibile, sul bene del terzo, sì che le conseguenze negative sul suo patrimonio rimangano escluse o, comunque, limitate al massimo Il debitore è destinatario del titolo esecutivo e del precetto perché è tenuto ad adempiere, e non perché sarà assoggetto all’espropriazione, in quanto oggetto di questa sarà un bene non suo; l’espropriazione, infatti, si compirà soltanto nei confronti del terzo proprietario del bene e che, per tale ragione, è destinatario dell’atto di precetto, contenente allo scopo, ex art. 603, comma secondo, l’espressa menzione del bene che si intende espropriare.
L’art. 604, comma primo, non dice che il pignoramento e gli atti di espropriazione si compiono “anche” nei confronti del terzo (come, sia pure per incidens, affermato da Cass. n. 19562/04), ma che si compiono soltanto nei confronti del terzo (come sottolineato da Cass.n. 4369/78). In conclusione, in tema di espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore diretto non è il legittimato passivo dell’azione esecutiva; il pignoramento va notificato e trascritto nei confronti del terzo, perché ha come unico oggetto il bene di proprietà di quest’ultimo.
Tuttavia, il debitore diretto è parte necessaria del processo, al quale partecipa a titolo diverso da quello del terzo proprietario esecutato, ed, in tale veste, deve essere sentito ogniqualvolta le norme regolatrici del processo prevedano questa garanzia nei confronti del soggetto esecutato.
Questa conclusione appare in linea con i principi espressi dagli altri precedenti su richiamati: con questi risultano essere state risolte le questioni della necessaria partecipazione del debitore diretto al processo esecutivo contro il terzo proprietario. ai fini della ricostruzione della posizione del debitore diretto in relazione all’opposizione agli atti esecutivi, la congiunta valutazione del profilo funzionale dell’esecuzione per espropriazione contro il terzo proprietario e dei contenuti delle norme degli artt. 603 e 604 c.p.c. non lasci dubbi sulla circostanza che l’interesse al controllo del quomodo di tale esecuzione e, dunque, al controllo delle patologie dello svolgimento del processo esecutivo attraverso il mezzo di tutela apprestato dall’ordinamento con l’opposizione agli atti, siano l’uno e l’altro, configurabili innegabilmente sempre e precisamente: a) sia con riferimento agli atti preesecuivi, sia con riferimento agli atti esecutivi; b) e in capo, oltre che, naturalmente al creditore, anche al debitore diretto ed al terzo proprietario che subisce in concreto l’attività di espropriazione. Il bene sottoposto o da sottoporsi ad esecuzione è, in definitiva, un bene altrui, quello del terzo proprietario. Senonché, se si tiene conto che il debitore diretto, attraverso lo svolgimento dell’attività esecutiva sul bene del terzo vede soddisfatto a favore del creditore un debito che egli ha nei suoi confronti, è giocoforza constatare che lo stesso debitore (che, naturalmente non abbia ragioni per contestare la pretesa nell’an), proprio in vista di quella soddisfazione e, dunque, della liberazione dalla pretesa del creditore procedente, risulta interessato a che il terzo proprietario non frapponga contestazioni infondate allo svolgimento del processo esecutivo. Sicché, si comprende come un interesse al controllo della regolarità di svolgimento del processo esecutivo, in ragione dell’incidenza sull’aspettativa dianzi descritta, sussista certamente anche in capo al debitore diretto. Si rileva, infatti, che il primo comma dell’art. 603, là dove esige che titolo esecutivo e precetto debbano notificarsi anche al terzo, evidenzia che il debitore diretto di tali atti deve essere destinatario, con la conseguenza che, se è destinatario, non può dubitarsi, anche per come la previsione della direzione di tali atti esecutivi è regolata ed in aggiunta a quanto sopra argomentato sul piano funzionale, che un giudizio di opposizione agli atti circa dette attività preesecutive debba coinvolgere necessariamente anche il debitore diretto e possa essere, se del caso, da lui introdotto.
Con riferimento agli atti esecutivi, il primo comma dell’art. 604, nel dire che gli atti di espropriazione si compiono nei confronti del terzo proprietario, non li identifica come atti che dal punto di vista della regolarità formale non riguardano anche il debitore diretto ed al controllo della cui legittimità egli non sia interessato e, quindi, debba essere coinvolto.
Ciò è tanto vero che il secondo comma, in relazione al contraddittorio nel processo esecutivo, dice che quando deve essere sentito il debitore, si deve sentire anche il terzo, con ciò confermando che il debitore diretto è parte del processo esecutivo, sebbene non con il ruolo di soggetto che soggiace all’attività di realizzazione coattiva. La norma non va intesa, infatti, nel senso che il “quando deve essere sentito il debitore” non implichi appunto il doversi sentire il debitore diretto ed il doversi sentire il terzo proprietario, bensì nel senso che debbono essere sentiti entrambi e, se debbono esserlo entrambi, si conferma che l’uno e l’altro sono parti del processo esecutivo.
Di modo che la reazione contro patologie del suo svolgimento e l’instaurarsi del processo ex art. 617 c.p.c. deve coinvolgerli necessariamente entrambi, perché della cosa giudicata nel processo ai sensi di quella norma, cioè del processo esecutivo, essi sono parti, come il creditore. Deve, dunque affermarsi che, in tema di espropriazione contro il terzo, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. instaurato contro gli atti preesecutivi o contro gli atti esecutivi, si configura sempre litisconsorzio necessario iniziale fra il creditore, il debitore diretto ed il terzo proprietario.