La società in accomandita per azioni (S.a.p.a.), disciplinata dagli articoli 2452-2461 del Codice Civile e dalle disposizioni compatibili previste per le società per azioni, è una società di capitali atipica, caratterizzata dalla presenza di due diverse categorie di soci cui corrispondono due differenti gradi di responsabilità (responsabilità mista).
I soci della società in accomandita per azioni si dividono in, art. 2452 c.c.,
soci accomandatari, sono amministratori di diritto, rispondono solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali in via sussidiaria rispetto al capitale sociale. Tale responsabilità permane fino a quando il socio mantiene la carica di amministratore;
soci accomandanti, esclusi dall’amministrazione e responsabili esclusivamente nei limiti della quota di capitale sottoscritta, al pari delle altre società di capitali.
La costituzione avviene con atto pubblico, che deve indicare, oltre quanto richiesto all’art. 2328 del c.c. per le società per azioni, i soci accomandatari della società.
A tutela dei terzi, in modo da rendere immediata l’identificazione di almeno uno degli amministratori il cui patrimonio va ad integrare quello sociale, la denominazione sociale deve essere costituita dal nome di uno o più accomandatari, con l’indicazione di S.a.p.a..
Il notaio entro 20 giorni provvede al deposito dell’atto costitutivo presso l’Ufficio del registro delle Imprese e alla contestuale iscrizione della società presso lo stesso Ufficio: con l’iscrizione la società acquisisce personalità giuridica.
Il capitale sociale, costituito da azioni, non può essere inferiore a € 120.000,00 ed il 25% deve essere conferito contestualmente alla sottoscrizione dell’atto costitutivo.
Relativamente alla figura dei soci, caratteristica distintiva della S.a.p.a. rispetto alla società in accomandita semplice è che la qualità di socio accomandatario e quella di amministratore non possono essere scisse ai sensi dell’art. 2455 del c.c..
L’amministrazione della società, infatti, spetta di diritto ai soci accomandatari e la carica di amministratore è a tempo indeterminato. L’assemblea dei soci ha la facoltà di revocare il mandato di amministratore per giusta causa, in assenza della quale l’amministratore revocato ha diritto al risarcimento dei danni (art. 2456 c.c.). L’accomandatario che cessa dalla funzione di amministratore, per revoca o per rinuncia, a differenza di quanto previsto per le società in accomandita semplice, non è responsabile per le obbligazioni societarie sorte dopo l’iscrizione nel registro delle imprese della cessazione dall’ufficio (art. 2461 c.c.).
Il funzionamento della società si basa sulla compresenza di tre organi:
l’assemblea dei soci, costituita da entrambe le tipologie di soci e le cui maggioranze si formano in base alle quote di capitale possedute, indipendentemente dallo status di accomandante o accomandatario;
l’organo amministrativo, composto dai soci accomandatari, amministratori di diritto della società (art. 2455 c.c.);
il collegio sindacale, organo di controllo della società. Al fine di garantirne l’autonomia e l’indipendenza, nelle assemblee dei soci in cui se ne eleggono o revocano i membri, non hanno diritto di voto gli accomandatari (art. 2459 c.c.).
Le modifiche dell’atto costitutivo (art. 2460 c.c.) e la sostituzione degli amministratori (art. 2457 c.c.), competenze dell’assemblea dei soci, devono essere approvate con le maggioranza richieste per le assemblee straordinarie delle S.p.A. (50% + 1 del capitale sociale) e da tutti i soci accomandatari.
Lo scioglimento della società in accomandita per azioni può avvenire, oltre che per le cause comuni alle altre società di capitali, per una causa specifica dettata dall’art. 2458 del c.c. che stabilisce che, qualora tutti gli amministratori decadono dal loro incarico, la società si scioglie se nel termine di 180 giorni non si sia provveduto alla loro sostituzione e i sostituti non abbiano accettato la carica. Per questo lasso di tempo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio (anche estraneo alla società) con il compito di svolgere gli atti di ordinaria amministrazione.
Le cause di scioglimento comuni alle società di capitali (art. 2484 del c.c.) sono il decorso del termine, il conseguimento dell’oggetto sociale o la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, l’impossibilità di funzionamento o la reiterata inattività da parte dell’assemblea, la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (fatta salva la previsione dell’artt. 2447 c.c. relativamente al suo reintegro), l’impossibilità di liquidare la quota del socio recedente, la deliberazione dell’assemblea e le altre cause previste dall’atto costitutivo, dallo statuto e dalle leggi vigenti.