La situazione di tensione per i timori sulla tenuta del debito pubblico del nostro Paese ha avuto come conseguenza l’aumento dello spread tra bund tedeschi e Btp decennali, arrivato a toccare addirittura i 600 punti base (ieri ha registrato 454 punti). I rendimenti dei Btp arrivano anche al 7% circa e sono i più alti in Europa, ad esclusione di quelli della Grecia.
Cosa significa tutto questo? Vuol dire che il mercato teme un default dello Stato italiano, e la conseguenza è che i prezzi dei Btp si sono abbassati in previsione di un rimborso del capitale ai risparmiatori.
Cosa succederebbe in caso di fallimento dell’Italia? Quando fallisce uno Stato, questi si trova nella condizione di dover rimborsare i propri debiti (i titoli di Stato emessi) ai risparmiatori. L’entità dei rimborsi è una incognita. E’ chiaro che non verrà restituito tutto il capitale investito dai risparmiatori, ma una parte di esso. L’Argentina, per esempio, rimborsò soltanto il 30% del valore nominale delle sue obbligazioni, ma ci sono state nazioni andate in default (Russia, Ecuador, Lituania e altre) che in media hanno liquidato ai risparmiatori il 30%. Così potrebbe succedere anche in Italia.
Oggi tutti consigliano di comprare Btp a breve termine. Cosa succede invece se compriamo un Btp a lunga scadenza?
Facciamo in proposito alcune considerazioni nella ipotesi di investimento su un titolo che oggi presenta un prezzo molto interessante. Si tratta del Btp 4% 01/02/37 che ha un rendimento da qui a 25 anni di oltre il 6% netto annuo, in considerazione del suo prezzo attuale che è di 69,75.Supponendo di investire nel Btp 40.000 euro di valore nominale, lo paghiamo subito 69,75, cioè versiamo 27.900 euro. Incasseremo poi una cedola del 4% lordo ogni anno ed alla scadenza ci verrà rimborsato il valore nominale, cioè 40.000 euro. Quindi il guadagno sarà dato dalla differenza tra il capitale finale e quello versato inizialmente (40.000 – 27.900 = 12.100 euro) e dagli interessi incassati negli anni. Tutto questo se l’investimento fosse portato regolarmente a termine, ma in pratica 25 anni sono lunghi e molto probabilmente il Btp lo venderemmo sul mercato molto prima.
Una volta acquistato il titolo, in che modo possiamo operare?
Considerando la situazione attuale possiamo esaminare due scenari
Italia in default. Sembra un paradosso ma, in caso di fallimento, i titoli di Stato meno rischiosi sono quelli con scadenza più lunga. Infatti i rendimenti dei Btp a breve scadenza (2 anni) e quelli lunghi sono più o meno uguali, ma i prezzi di quelli a lungo termine sono più bassi. In caso di default la percentuale di rimborso da parte dello Stato ai risparmiatori sarebbe probabilmente la stessa. Nel nostro caso l’Italia quasi sicuramente rimborserebbe il 70% del valore nominale, cioè quello che abbiamo versato per l’acquisto. Per cui la perdita sarebbe limitata o nulla.
L’Italia risolve i suoi problemi. Se ne avvantaggiano i Btp a lungo termine, perchè si abbassano i tassi e si alzano i prezzi in modo molto più consistente rispetto ai Btp a breve scadenza. Per cui, se il prezzo del nostro Btp arriva, per ipotesi a 80, possiamo optare per due soluzioni, entrambe vantaggiose.
Se puntiamo a rimanere sul breve, possiamo vendere[*] i Btp e incassare i guadagni in conto capitale (40.000 x 80% = 32.000 euro). Il nostro guadagno sarebbe di 4.100 euro (32.000 – 27.900), più le eventuali cedole incassate (4% lordo, cioè il 3,50% netto annuo).
La seconda soluzione è quella di mantenere il Btp e garantirci un buon rendimento per un certo numero di anni.